KIERKEGAARD
Secondo
Kierkegaard la dimensione esistenziale dell'uomo è segnata
dall'angoscia,
dalla disperazione e dal fallimento. La disperazione nasce da un
rapporto serio dell'uomo con sé stesso, mentre l'angoscia nasce da
un rapporto serio dell'uomo con il mondo, e consiste nel senso di
inadeguatezza che nasce dall'impossibilità dell'uomo di essere
autosufficiente senza Dio.
Kierkegaard
pone perciò un primo elemento, quello dell'individualità, che
caratterizza tutte le forme di esistenzialismo, e un secondo, quello
del rapporto con Dio, che è tipico di tutte le forme religiose di
esistenzialismo.
L'ESISTENZA COME
POSSIBILITA' E FEDE
Una prima caratteristica
dell'opera di Kierkegaard è di aver cercato di ricondurre la
comprensione dell'intera esistenza umana alla categoria della
possibilità e di aver messo in luce il carattere negativo e
paralizzante della possibilità come tale.
Che vuol dire?
Ogni possibilità può
essere “possibilità che sì” o “possibilità che non”:
implica la nullità possibile di ciò che è possibile, quindi la
minaccia del nulla. In poche parole, Kierkegaard sembrava essere
terrorizzato dall'idea di incombenti possibilità alternative
rispetto a ciò che era successo nella sua vita. Probabilmente
pensava sempre cose tipo “Ok, mi sono fidanzato. Però sarebbe
potuta andare diversamente, magari sarei morto prima di incontrarla
oppure potrei morire adesso o lei potrebbe lasciarmi ecc”.
La condizione di
incertezza di fronte alle possibilità porta l'uomo all'angoscia.
Subentra l'angoscia quando si scopre che tutto è possibile. Se tutto
è possibile, allora niente lo è. Tutto questo è riconducibile ad
Adamo, che prima di sapere di avere la scelta di peccare era
innocente. Poi si è sentito angosciato perché ha capito di avere
un'alternativa alla vita che aveva condotto fino a quel momento (cioè
quando Dio gli vieta di mangiare la mela).
Nelle ultime pagine del
Concetto dell'angoscia,
Kierkegaard descrive
la figura del discepolo dell'angoscia, ovvero chi sente in sé le
possibilità annientatrici che ogni alternativa dell'esistenza
prospetta.
UNA
SECONDA caratteristica è il suo sforzo costante di chiarire le
possibilità fondamentali che si offrono all'uomo, gli stadi o i
momenti della vita che costituiscono le alternative dell'esistenza e
tra cui l'uomo è generalmente condotto a scegliere. Lui però non
sceglieva: dinnanzi a ogni alternativa,s i sentiva paralizzato. La
sua attività fu prettamente contemplativa e accentuò il distacco
tra sé e le le forme di vita che descriveva attraverso molti
pseudonimi.
UNA
TERZA caratteristica è il tema della FEDE. Soltanto nel
cristianesimo egli vide un'ancora di salvezza, perché credeva che la
fede potesse sottrarre l'uomo all'angoscia e alla disperazione, che
costituiscono l'esistenza.
L'ANGOSCIA E LA
DISPERAZIONE E LA FEDE
L'angoscia nasce dal
rapporto dell'uomo con il mondo esterno. Con tutte le sue
possibilità, infatti, il mondo lo spaventa e lo rende incerto.
La disperazione nasce
invece dal rapporto dell'uomo con se stesso, con la sua interiorità.
La disperazione è inerente alla personalità stessa dell'uomo.
Disperazione e angoscia sono quindi parti fondamentali e
incancellabili dell'essenza dell'uomo, e sono entrambe generate dalla
struttura problematica dell'esistenza umana.
La disperazione è
strettamente legata alla natura dell'io. Difatti può volere (o non
volere) essere se stesso. Nel primo caso, l'uomo non arriverà al
traguardo in quanto sarà sempre finito, insufficiente a se stesso.
Se invece cerca di rompere il rapporto con sé, va contro una parte
costitutiva della sua essenza e quindi anche questo tentativo è
impossibile. La disperazione quindi è la malattia mortale, perché
è il vivere la morte dell'io: è il tentativo impossibile di negare
la possibilità dell'io o rendendolo autosufficiente o distruggendolo
nella sua natura concreta.
La possibilità è
l'unico rimedio alla disperazione, perché se a un disperato vengono
offerte delle possibilità (anche solo basate sulla fantasia e non su
qualcosa di concreto), allora si riprende un po'.
Per questo, l'antidoto
dell'uomo è Dio. La fede è l'eliminazione della disperazione, la
condizione in cui l'uomo non si illude della sua autosufficienza ma
riconosce la dipendenza da Dio.
LA
VERITA' DEL SINGOLO
Hegel
aveva fatto dell'uomo un genere animale perché solo negli animali il
genere è superiore al singolo. Kierkegaard invece sostiene che, per
quanto riguarda il genere umano, il
singolo è superiore al genere.
Questo è, secondo Kierkegaard, l'insegnamento fondamentale del
cristianesimo, ed è il punto su cui bisogna insistere per combattere
la filosofia hegeliana (che invece esalta l'oggettività della
riflessione). Kierkegaard considera infatti fondamentale per il suo
compito inserire la persona singola, con tutte le sue esigenze, nella
ricerca filosofica.
Kierkegaard,
al contrario di Hegel, riconosce l'importanza dell'esistenza
soggettiva, che pone l'uomo al di fuori dal contesto universale in
cui è inserito. L'universalità è astratta, il singolo (con i suoi
pensieri e la sua soggettività) è concreto.
LA
VITA ESTETICA E LA VITA ETICA
Kierkegaard
identifica due stadi fondamentali della vita: la vita estetica e la
vita morale.
Lo
stadio estetico è la
forma di vita di chi insiste nell'attimo, fuggevolissimo e
irripetibile. L'esteta è
colui che vive poeticamente, colui che può trovare nella vita ciò
che vi è di interessante. Così l'esteta vive in un mondo luminoso,
in uno stato di ebrezza intellettuale continua. La vita estetica
esclude la ripetizione,
che implica monotonia. È rappresentata dal Don Giovanni,
protagonista del Diario di un seduttore.
Ma la vita estetica rivela la sua insufficienza e la sua miseria
nella noia. Chiunque viva esteticamente, è disperato: la
disperazione è l'ultimos bocco della concezione estetica della vita.
Essa è l'ansia di una vita diversa che si prospetta come possibile.
La
vita etica nasce con un salto oltre l'esteticità. Ciò implica una
stabilità e una continuità che la vita estetica non può includere.
La vita etica è il
dominio della riaffermazione di sé, del dovere e della fedeltà a se
stessi.
Nella
vita etica ogni singolo di sottopone a una forma, si adegua
all'universalità, mentre in quella estetica è soltanto se stesso.
La vita etica è incarnata dal marito, in quanto il matrimonio è
l'espressione
tipica dell'eticità.
Inoltre la persona
vive del duo lavoro. Il
lavoro, essendo una vocazione, dà piacere. La vita etica si fonda
sulla ripetitività della scelta dell'uomo,c he sceglie di scegliere
aumentando le responsabilità rispetto alla sua libertà. Sceglie di
impegnarsi in un compito e di restarvi fedele.
Anche la vita etica è votata al fallimento, perché l'uomo si pente
della sua scelta finita, insufficiente. Per questo non rimane che
dedicarsi alla vita religiosa.
L'etica pura, che ci propone degli ideali assoluti difficili da
realizzare, ci dice che dobbiamo essere sempre insoddisfatti di noi
stessi, che non c'è niente nella nostra vita che sia interamente
buono. Ma il pentimento può paralizzare e lasciare scoraggiati. Si
può superare questa paralisi spirituale con l’esperienza
religiosa, cioè accettando per fede che, malgrado le nostre
debolezze, Dio è comunque in grado di cancellare i nostri peccati e
di redimerci. Così il pentimento ci prepara per il salto nello
stadio religioso.